Il tema dell’utilizzo delle terre e rocce derivanti da scavi ha assunto negli ultimi anni una sempre maggior rilevanza sotto il profilo ambientale. Dal D.lgs. 152/2006 al D.L. Sblocca Italia, passando per il DM 161/2012 e il Decreto del Fare, la gestione delle opere di scavo connesse al settore edile o a lavori pubblici è stata caratterizzata dal susseguirsi di norme, correttivi, abrogazioni e ripetuti stravolgimenti disciplinari rendendo l’argomento non sempre di facile e univoca interpretazione.

L’obiettivo principale del legislatore è sempre stato quello di limitare l’estrazione dei materiali necessari agli interventi da cava (riducendone l’utilizzo) recuperando quanto più possibile materiale originato da attività di scavo, abbassando le quantità di rifiuti inerti, prodotti durante la realizzazione dell’opera, da smaltire in discarica.

Attualmente la gestione delle terre e rocce da scavo trova la sua disciplina attraverso:

• D.lgs. 152/2006;
• D.M. del 10 agosto 2012, n.161;
• L. del 9 agosto 2013, n. 98 artt. 41 e 41bis;
• L. del 11 novembre 2014, n.164 art. 8.

Attraverso diversi e articolati adempimenti, la normativa che regolamenta le terre e rocce da scavo prevede quattro alternative possibili sintetizzabili come:

1) Riutilizzo in sito come non rifiuto;
2) Utilizzo del materiale come sottoprodotto;
3) Avvio delle terre ad attività di recupero rifiuti;
4) Conferimento del materiale a discarica.

La tematica riguardante la gestione delle terre e rocce da scavo appare comunque ancora non del tutto conclusa tanto da ipotizzare ulteriori aggiornamenti normativi.

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